La lettera di Carlo Bruni a "Salviamo il Rossini"
SALVIAMO IL ROSSINI
Bari, 14 ottobre 2008
Cari amici del comitato Salviamo il Rossini,
non potendo partecipare all’incontro del prossimo mercoledì, vorrei comunque manifestare gratitudine e attenzione verso la vostra iniziativa, aggiungendo all’intervento pubblicato dal periodico gioiese (da considerare come premessa), qualche ulteriore considerazione.
Il Teatro Rossini si è guadagnato nel corso degli ultimi dieci anni un’identità preziosa, le cui qualità artistiche, culturali e gestionali sono state ampiamente riconosciute dal pubblico, dagli ospiti e dalle istituzioni che lo hanno sostenuto. Il valore di questo patrimonio è paradossalmente confermato anche dalla delibera di Giunta dell’8 settembre (emblematica anche nella datazione) che altrimenti non avrebbe dovuto cercare tante “motivazioni” per giustificare un nuovo indirizzo politico, già ampiamente legittimato dal consenso elettorale.
D’altro canto, chi come me ha partecipato alla storia del Rossini non può sottrarsi ad una riflessione critica, dedita a spiegare le ragioni di una sconfitta culturale oltre che elettorale. Perché è una sconfitta quella che offre oggi ad un nuovo governo la possibilità di denigrare e ribaltare la storia di questo teatro.
La stabilità del progetto Rossini, i cui esiti, ripeto, costituiscono ancora un patrimonio di grande valore per Gioia, ha incominciato a vacillare molti anni prima dell’insediamento di questa Giunta e molte delle “offese” espresse dalla delibera in oggetto, sono state coltivate anche da parti della vecchia maggioranza, accomunate con chi ora amministra la città da due componenti: la perfetta ignoranza di quanto fatto dal Rossini e un’attitudine alla strumentalizzazione politica oggi assai di moda.
Cominciare da questa premessa è indispensabile per affrontare seriamente una discussione sul presente e sul futuro del Teatro di Gioia.
Forze e debolezze del progetto Rossini sono e saranno frutto degli indirizzi politici che ne sosterranno l’attività, poiché stiamo parlando di un Teatro Comunale Pubblico. Indirizzi politici che, se crediamo ancora nella democrazia, potranno essere influenzati dalla gente e quindi anche da questo comitato, nella misura in cui matureranno in seno ad una più ampia e consapevole opinione pubblica.
Dunque, parimenti a quanto seppe fare l’Amministrazione “Povia” al tempo di Pino Dentico, Assessore alla Cultura e di Vito Mastrovito vice Sindaco, si tratta di definire con chiarezza che cosa debba essere un Teatro Municipale a Gioia, magari provando a convincere anche l’attuale Sindaco della bontà di un progetto diverso da quello che sembra voler promuovere.
Un grave limite delle Amministrazioni successive a quella “mitica” (e che mi sembra si rinnovi anche nell’attuale) è stato proprio quello di non essere riuscite a sviluppare un vero progetto politico. Ma cosa, oltre la coesione, caratterizzò la qualità di quel primo indirizzo?
Prima di rispondere a questo quesito, vorrei soffermarmi sulle nostre responsabilità.
Il Kismet è stato e sarebbe ancora una grande opportunità per Gioia:
primo perché si tratta della struttura professionale più solida e qualificata del territorio;
secondo perché è in grado di garantire insieme capacità gestionali e artistiche;
terzo perché ha una riconosciuta vocazione pubblica e non commerciale;
quarto perché il suo respiro nazionale ed internazionale comporta riflessi vantaggiosi sul piano del marketing territoriale, oltre che su quello eminentemente culturale e artistico;
quinto (e mi fermo) perché, cresciuto nel dialogo con le nuove generazioni, è uno dei soggetti più adatti a coltivare la cultura teatrale di un territorio (non riducibile all’“audience”).
Il Kismet però ha commesso due errori: non ha rinunciato all’incarico dopo i primi anni, con il decadimento dell’indirizzo politico che aveva qualificato l’originaria collaborazione e ha continuato a operare nonostante il conseguente e palese calo di entusiasmo. Personalmente, pur avendo lasciato il Kismet proprio sul filo di questo passaggio, non mi dissocio da questa responsabilità, perché avrei potuto più spingere per una separazione.
Ciò non di meno le Stagioni del Rossini (tranne quella 2007/08 che l’Amministrazione Comunale volle gestire in proprio), restano fra le migliori dei teatri comunali d’Italia e se mi è concessa una ragione personale di vanto, considero l’ultima stagione da me diretta, anche per l’impianto che ha associato alla prosa i contributi musicali delle diverse associazioni gioiesi, il capitolo jazz, il capitolo danza e il consolidatissimo Maggio, fra le migliori del decennio.
Ma se la fragilità delle Giunte recenti può essere annoverata fra le cause d’indebolimento del progetto Rossini, proprio alla solidità del primo indirizzo politico deve essere attribuito il principale merito di questa impresa da cui ripartire per definire un quadro di prospettiva.
Per fare un tavolo ci vuole il legno: questo credo fu il semplicissimo punto di partenza degli amministratori e in prima fila di Pino Dentico (che certo avrebbe avuto anche sufficienti competenze per sentirsi autorizzato a fare da se).
Lo sviluppo del progetto Rossini nacque dalla convinzione che il teatro potesse e dovesse essere lo strumento privilegiato delle politiche culturali del Comune, ma che proprio per questo, dovesse essere reso il più indipendente possibile dalle influenze spicciole della politica e del localismo.
Il rapporto con il Kismet nacque da un bando pubblico che sancì l’esigenza di un contributo professionale e qualificato.
Ricordo con chiarezza, non solo quanto fu evidenziato l’obiettivo formativo (in senso ampio) del progetto, ma anche la sua ambizione a superare l’asfittica autoreferenzialità dei cartelloni di provincia, per proiettare da subito la sfida del Rossini oltre i confini municipali, candidandosi a diventare un ponte fra: una porta aperta attraverso cui conoscere e farsi conoscere.
Senza snobbare una dimensione popolare attenta alle esigenze del territorio, si intese alimentare la domanda di teatro rinunciando alle scorciatoie televisive, ma affrontando di petto l’osticità di un’arte troppo a lungo trascurata. E non fu semplice (ricordo i Consigli Comunali) portare a casa il consenso necessario ad approvare investimenti cospicui per un’azione che molti consideravano elitaria e che invece è stata faticosamente e costantemente popolare, ma mai populistica.
Nomi oggi acclamati come Marco Paolini, Licia Maglietta, Toni Servillo, Marco Baliani, Ascanio Celestini, Eimuntas Nekrosius (arrivato a Gioia prima che a Bari), Enzo Vetrano e Stefano Randisi (ormai Premi Olimpici per il Teatro), Arturo Cirillo, gli Avion Travel (una settimana prima del successo a Sanremo) sono stati ospitati dal Rossini il giorno prima del loro successo plateale, qualificando questo teatro di provincia come uno dei posti più sensibili al rinnovamento della scena nazionale.
Ma non si trattava di rinunciare alla grande tradizione (Ottavia Piccolo, Mariangela D’Abbraccio, Maddalena Crippa, Lina Sastri, Moni Ovadia, Isa Danieli, Franca Valeri, Paolo Poli, Roberto Herlizca, Carlo Cecchi, Carlo Giuffrè ecc…), quanto piuttosto di rappresentare la pluralità di un’arte liberandola dallo stereotipo del già visto.
L’indirizzo di Povia/Dentico chiariva una prospettiva sociale attentissima alle nuove generazioni e non succube della retorica scolastica, più avvezza a far annoiare i ragazzi che a conquistarne i cuori. Quell’indirizzo chiariva i parametri culturali e anche quelli economici che tenendo sotto controllo il botteghino e le ambizioni commerciali, qualificavano l’investimento pubblico come alternativo a quello dedito al profitto e al consenso di un privato. D’altronde, le splendide opere di Paradiso, la biblioteca comunale come i mitici Fogli d’identità territoriale, costituiscono altrettanti esempi di un’idea di Amministrazione Pubblica e di Cultura lontana mille miglia dal risibile successo di massa che auspica la delibera dell’8 settembre (e comunque abbiamo ospitato anche Paolo Rossi al palazzetto dello Sport con 3.000 spettatori).
Non sono state poche le carenze, gli errori, le storture e sarebbe sbagliato restare sordi alle critiche, ma a proposito di risorse mi piacerebbe che qualche nuovo amministratore la facesse veramente un’analisi economica, per far luce sugli “utili”, sugli “sprechi”, sui “soldi regalati” allo straniero. Le persone che hanno lavorato al Rossini, oltre lo straordinario e ampio contributo dei volontari, sono state generalmente pagate poco e sempre in conformità con le leggi di tutela dei lavoratori. Gli investimenti fatti sulla struttura (anche la semplice pitturazione del palco) sono stati il frutto volontario e gratuito di chi ha trattato quel posto come una casa, difendendo porte di cartone, sedie di stagno e manufatti frutto di appalti truffaldini d’altri tempi, come fossero cose preziose.
Si sarebbe potuto fare di più in favore delle realtà locali? Forse. Ma di quali realtà locali stiamo parlando? Perché nei limiti di budget predefiniti e delle qualità espresse da queste realtà, non abbiamo mai mancato di tenere aperte le porte a tutti, compreso i teatri amatoriali.
Non sono arrabbiato con il nuovo Sindaco, che pure immotivatamente ha trovato giusto denigrare il nostro lavoro e dovrebbe, magari, ritornare su quelle affermazioni gratuite. Io sono dispiaciuto per come questo patrimonio sia stato violato dalla cattiva politica: da egoismi e arrivismi personali equamente distribuiti in tutti gli schieramenti, che contagiano anche le persone migliori.
E’ pericoloso affezionarsi ai ricordi e credo che riflettere sulla nascita di questo progetto, debba significare anche esplorarne i limiti, ma è certo che l’apporto della buona politica fu per noi operatori motivo del potente entusiasmo e produsse i circoli virtuosi di cui ho parlato, come la cattiva politica è stata in questi ultimi anni il motivo del generale decadimento di questo progetto e delle passioni di molti.
Con tutto il rispetto per chi è o sarà chiamato a gestire il Rossini, mi fa spavento l’idea che il Teatro Comunale di Gioia possa essere affidato ad un impiegato comunale, piuttosto che ad un esercente cinematografico o ad un’associazione di dilettanti. Sarà vantaggioso economicamente (e mi permetto di nutrire dei dubbi), sarà più gioiese, ma è sbagliato! Trovo terribile che si indichi come prioritaria la strada del consenso e dei grandi numeri, facendo affidamento sulla capacità d’attrazione della comicità più trita (perché il Rossini ha ospitato anche la grande comicità: da Bergonzoni a Lella Costa, da Paolo Poli a Haber, a Fo, a Donati & Olesen, a Carmela Vincenti ecc). Trovo aberrante che si promuova l’idea di un teatro sussidiario scolastico, demolendo quella sana dialettica che deve distinguere l’arte dalla didattica e produrre discussione ed anche dissenso.
Il mio intervento intende riconoscere il valore del confronto e del dibattito pubblico.
In questa prospettiva, la grezza sortita della nuova Amministrazione, potrebbe rivelarsi come una preziosa occasione di rilancio, per una più sana ed equa politica, per un più sano e democratico confronto. Ingredienti che oltre le sfide del Rossini, sarebbero molto preziosi per il futuro di Gioia e di tutti noi.
Carlo Bruni
07:16
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21 commenti:
bene, è quasi tutto giusto..
ma ad ognuno il suo:
sbaglio Sig. Bruni o lei durante la scorsa stagione si è presentato di rado in teatro pur essendo il direttore artistico?
non sì è capita una cosa forse... qui non si tratta di salvare il kismet o carlo bruni. Si sarebbe potuto fare un cartellone dignitoso anche con le sole associazioni gioiesi, ma sono state messe da parte anche queste ultime. A favore di cosa? del cabaret. Trovatemi un altro cartellone teatrale che per metà sia fatto da spettacoli di cabaret. E' una sfida.
ma si ha la certezza che ci saranno i cabarettisti nel cartellone?
Allora i nomi qualcuno li sa?
hanno oscurato i messaggi più belli... forse perchè dicevano la verità!
I gestori del blog hanno cancellato i messaggi perchè il contenuto dei suddetti conteneva solo battibecchi puerili. Le critiche costruttive sono state conservate, diversa è stata la sorte per le offese personali.
Ricominciamo da capo: che cosa possiamo fare per salvare il Rossini?
Smettiamo di parlare e agiamo.
Promotori dell'iniziativa che facciamo?
Un'idea può essere quella di far girare quella famosa delibera tra gli artisti che si sono avvicendati al Rossini.
L'idea non è mia ma la riporto in questa sede perchè credo possa essere più visibile (il commento d'origine è in coda all'articolo della Gazzetta pubblicato su questo blog).
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