Relazione introduttiva, incontro del 15 ottobre
"Ringrazio, a nome di tutto il comitato promotore, quanti, presenti e non, si sono uniti all’appello “Salviamo il Rossini”, divenendone poi divulgatori e promotori essi stessi. Penso di parlare sempre a nome di tutti, quando dico di essere felicemente sorpreso della grande partecipazione dei cittadini che hanno dimostrato la loro sensibilità per una problematica che forse può apparire secondaria di fronte alle più pressanti difficoltà quotidiane, che hanno deciso di dedicare parte del loro tempo e delle loro energie in una lotta per la cultura, un diritto che a tanti può apparire secondario.
Credo sempre di poter parlare a nome di chi han sottoscritto l’appello, se manifesto pubblicamente la mia indignazione e preoccupazione per le sorti del nostro teatro. Una reazione che ha all’origine un altrettanto vigoroso attacco ad una storia culturale ritenuta da taluni sbagliata e da cambiare. E’ di fronte a questo che ci troviamo: un attacco esplicitato nelle forme di un giudizio qualitativo che ha definito “sporadici i nomi di attori di fama”, “spesso mediocri” i testi, “privi di uno standard di caratura nazionale” i cartelloni delle stagioni, “striminzita la struttura e la durata degli spettacoli” ed in generale “sminuito sotto ogni profilo di redditività sia economica sia culturale, il valore della qualità dell’offerta al pubblico”.
E’ questo il giudizio espresso nelle delibere citate nell’appello, un giudizio che appare poco imparziale ed offende sia gli ospiti del nostro teatro, alcuni dei quali sono stati già ricordati nel manifesto, ma offende anche l’intelligenza degli utenti del teatro stesso che hanno apprezzato gli spettacoli o quantomeno ne hanno riconosciuto il valore artistico e culturale. Forse sarebbe opportuno ricordare all’attuale amministrazione che il voto ha conferito il diritto, appunto, di amministrare, ma non di sminuire una siffatto patrimonio la cui gestione spetta indubbiamente loro, ma nel rispetto della volontà cittadina ed in forme e modi consoni.
A questo riguardo è opportuno ricordare che un simile patrimonio storico e culturale non può essere trattato al pari di un’azienda, il cui interesse ultimo è l’ottenimento di un profitto economico tangibile e materiale, per cui se “il Comune ha rinunciato alla logica ed ai modi dell’imprenditorialità”, non da reputarsi del tutto un difetto della passata amministrazione, quanto un beneficio per il servizio offerto.
E’ questo il prodotto finale di un teatro, la logica a cui dovrebbe rispondere in primis un assessorato alla cultura: un servizio che tuttavia genera profitto, come qualsiasi investimento ben riuscito. Il ricavato è evidente nelle generazioni cresciute intorno, accanto e nel Rossini, e testimoniato dalla nascita di compagnie teatrali amatoriali e club di cinema e teatro in gran composti parte da giovani che hanno sviluppato una sensibilità e una capacità tali da renderli intelligenti fruitori ed addirittura operatori competenti.
Per questi, auspichiamo che la cooperazione ed il dialogo non cessi, che il Teatro Rossini continui ad esercitare la sua forza attrattiva sulle future generazioni e sulle realtà extracittadine, cosa che ha fatto fino a tempi recenti, dimostrando una rilevanza territoriale attesta dai sottoscrittori dell’appello residenti in comuni limitrofi.
Questa è in breve la tradizione, anzi la storia che si vuole smentire e distruggere secondo tre settori: uno, presunto, economico, che prevede un ridimensionamento dei fondi destinati, in primis al Maggio all’infanzia, ridotti al 20% della somma prestabilita per la stagione 2008-2009 e ad una riduzione dei costi complessivi di gestione del teatro del 30%, una taglio di spesa che ricorda molto da vicino quello operato sulla scuola a livello nazionale. In secondo luogo, un’opera di ristrutturazione che ben sarebbe da considerare di distruzione, trattandosi di un ridimensionamento del proscenio ed un ampliamento di posti a sedere che di fatto renderebbe ancora più “striminzito”, citando le testuali parole delle delibere, quel palco che ha ospitato “allestimenti teatrali minimalisti”.
Il terzo ed ultimo aspetto da valutare, è sicuramente il momento che più di tutti merita una profonda riflessione: il profilo culturale. L’evidente volontà della nuova amministrazione è quella di utilizzare una certa “cultura di massa”, quella del “teatro comico e di cabaret” con le “tendenze più in voga dello spettacolo televisivo” le cui funzioni primarie saranno quelle di “contenere i costi delle singoli spettacoli, avvicinare al teatro le fasce giovanili, attrarre un pubblico di massa. Ebbene, su questo punto in particolare, riteniamo che l’amministrazione debba riconsiderare le proprie scelte, poiché non rinveniamo l’utilità di una replica di spettacoli televisivi il cui valore culturale risulta molto discutibile.
Ci risulta difficile reputare tutta la cultura “di tendenza” degna di essere elevata al rango di arte. Tantomeno crediamo che sia giusto uniformare allo standard televisivo il mondo del teatro, un’operazione, questa, di gran lunga peggiore di ogni forma di elitarismo o di plagio. Questa scelta inoltre impedirebbe l’auspicata collaborazione con le scuole, il cui scopo è prettamente formativo e pedagogico, non di intrattenimento. Non contrasterebbe, quindi, quell’invasione della banalità televisiva che ormai da anni assalta il mondo dell’istruzione, demolendo ogni forma di cultura e favorendo il pettegolezzo e la superficialità.
A questo punto speriamo che l’amministrazione ritorni sui suoi passi riflettendo sul ruolo del teatro come strumento di crescita culturale e spirituale e nello specifico sul compito del teatro Rossini nel tessuto cittadino e limitrofo, programmando le scelte in concerto con gli esponenti del mondo della cultura locale, delle associazioni, delle scuole e di chi da anni ha seguito e sostenuto lo sviluppo del nostro teatro. Speriamo che questo possa servire a correggere gli errori commessi in passato, perfezionare gli strumenti ricevuti in eredità ed interrompere l’opera di demolizione di una storia culturale invidiata e invidiabile."
Credo sempre di poter parlare a nome di chi han sottoscritto l’appello, se manifesto pubblicamente la mia indignazione e preoccupazione per le sorti del nostro teatro. Una reazione che ha all’origine un altrettanto vigoroso attacco ad una storia culturale ritenuta da taluni sbagliata e da cambiare. E’ di fronte a questo che ci troviamo: un attacco esplicitato nelle forme di un giudizio qualitativo che ha definito “sporadici i nomi di attori di fama”, “spesso mediocri” i testi, “privi di uno standard di caratura nazionale” i cartelloni delle stagioni, “striminzita la struttura e la durata degli spettacoli” ed in generale “sminuito sotto ogni profilo di redditività sia economica sia culturale, il valore della qualità dell’offerta al pubblico”.
E’ questo il giudizio espresso nelle delibere citate nell’appello, un giudizio che appare poco imparziale ed offende sia gli ospiti del nostro teatro, alcuni dei quali sono stati già ricordati nel manifesto, ma offende anche l’intelligenza degli utenti del teatro stesso che hanno apprezzato gli spettacoli o quantomeno ne hanno riconosciuto il valore artistico e culturale. Forse sarebbe opportuno ricordare all’attuale amministrazione che il voto ha conferito il diritto, appunto, di amministrare, ma non di sminuire una siffatto patrimonio la cui gestione spetta indubbiamente loro, ma nel rispetto della volontà cittadina ed in forme e modi consoni.
A questo riguardo è opportuno ricordare che un simile patrimonio storico e culturale non può essere trattato al pari di un’azienda, il cui interesse ultimo è l’ottenimento di un profitto economico tangibile e materiale, per cui se “il Comune ha rinunciato alla logica ed ai modi dell’imprenditorialità”, non da reputarsi del tutto un difetto della passata amministrazione, quanto un beneficio per il servizio offerto.
E’ questo il prodotto finale di un teatro, la logica a cui dovrebbe rispondere in primis un assessorato alla cultura: un servizio che tuttavia genera profitto, come qualsiasi investimento ben riuscito. Il ricavato è evidente nelle generazioni cresciute intorno, accanto e nel Rossini, e testimoniato dalla nascita di compagnie teatrali amatoriali e club di cinema e teatro in gran composti parte da giovani che hanno sviluppato una sensibilità e una capacità tali da renderli intelligenti fruitori ed addirittura operatori competenti.
Per questi, auspichiamo che la cooperazione ed il dialogo non cessi, che il Teatro Rossini continui ad esercitare la sua forza attrattiva sulle future generazioni e sulle realtà extracittadine, cosa che ha fatto fino a tempi recenti, dimostrando una rilevanza territoriale attesta dai sottoscrittori dell’appello residenti in comuni limitrofi.
Questa è in breve la tradizione, anzi la storia che si vuole smentire e distruggere secondo tre settori: uno, presunto, economico, che prevede un ridimensionamento dei fondi destinati, in primis al Maggio all’infanzia, ridotti al 20% della somma prestabilita per la stagione 2008-2009 e ad una riduzione dei costi complessivi di gestione del teatro del 30%, una taglio di spesa che ricorda molto da vicino quello operato sulla scuola a livello nazionale. In secondo luogo, un’opera di ristrutturazione che ben sarebbe da considerare di distruzione, trattandosi di un ridimensionamento del proscenio ed un ampliamento di posti a sedere che di fatto renderebbe ancora più “striminzito”, citando le testuali parole delle delibere, quel palco che ha ospitato “allestimenti teatrali minimalisti”.
Il terzo ed ultimo aspetto da valutare, è sicuramente il momento che più di tutti merita una profonda riflessione: il profilo culturale. L’evidente volontà della nuova amministrazione è quella di utilizzare una certa “cultura di massa”, quella del “teatro comico e di cabaret” con le “tendenze più in voga dello spettacolo televisivo” le cui funzioni primarie saranno quelle di “contenere i costi delle singoli spettacoli, avvicinare al teatro le fasce giovanili, attrarre un pubblico di massa. Ebbene, su questo punto in particolare, riteniamo che l’amministrazione debba riconsiderare le proprie scelte, poiché non rinveniamo l’utilità di una replica di spettacoli televisivi il cui valore culturale risulta molto discutibile.
Ci risulta difficile reputare tutta la cultura “di tendenza” degna di essere elevata al rango di arte. Tantomeno crediamo che sia giusto uniformare allo standard televisivo il mondo del teatro, un’operazione, questa, di gran lunga peggiore di ogni forma di elitarismo o di plagio. Questa scelta inoltre impedirebbe l’auspicata collaborazione con le scuole, il cui scopo è prettamente formativo e pedagogico, non di intrattenimento. Non contrasterebbe, quindi, quell’invasione della banalità televisiva che ormai da anni assalta il mondo dell’istruzione, demolendo ogni forma di cultura e favorendo il pettegolezzo e la superficialità.
A questo punto speriamo che l’amministrazione ritorni sui suoi passi riflettendo sul ruolo del teatro come strumento di crescita culturale e spirituale e nello specifico sul compito del teatro Rossini nel tessuto cittadino e limitrofo, programmando le scelte in concerto con gli esponenti del mondo della cultura locale, delle associazioni, delle scuole e di chi da anni ha seguito e sostenuto lo sviluppo del nostro teatro. Speriamo che questo possa servire a correggere gli errori commessi in passato, perfezionare gli strumenti ricevuti in eredità ed interrompere l’opera di demolizione di una storia culturale invidiata e invidiabile."
Milano Dario
02:29
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